La geo-politica è certamente uno dei fattori che possono maggiormente influenzare e quindi indirizzare i mercati finanziari. Vivendo (i mercati) di aspettative, nel momento in cui fare previsioni (arte già di suo difficile: vale la pena, ancora una volta, ricordare la celebre citazione di Niels Bohr, lo scienziato danese premio Nobel per la Fisica nel 1922: “E’ molto difficile prevedere, specialmente il futuro”) diventa ancora più arduo, il rischio è che si smarrisca la “direzione” e l’incertezza regni sovrana.
La fase che il mondo sta attraversando è contraddistinta, al di là delle “normali” dinamiche economico-finanziarie (possiamo tranquillamente che il vero “equilibrio” sia il “disequilibrio”, a patto che sia “controllato” e, quindi, gestibile. Pensiamo, per esempio, alla disoccupazione: anche quando si parla di “massima occupazione” ciò non significa che la disoccupazione sia stata azzerata. Infatti, negli USA di recente si è toccato un livello di disoccupazione del 3.5/3,6%, oltre il quale è praticamente impossibile andare. Così vale per l’andamento dell’economia: è impossibile pensare ad un mondo che stabilmente si trovi in condizioni di massima occupazione, bassa inflazione, alta crescita, debiti pubblici che scendono, avanzi primari (dei conti pubblici) in attivo, etc. Ci sarà sempre un ambito in cui il “presidio” – degli organismi monetari o dei Governi – dovrà essere necessario e in grado di non far precipitare le cose, vedi gli interventi quanto mai attuali delle Banche Centrali), almeno da un paio di crisi che potrebbero far “deragliare” l’ordine delle cose.
Più che il conflitto ucraino (a cui, forse, il mondo si è un po’ assuefatto, anche perché ormai sembra aver preso la piega di una “guerra di trincea”, dove i belligeranti fanno un passo avanti e due indietro, per poi farne 2 avanti e uno indietro, e per il quale si sta aspettando che qualcuno faccia il primo passo per avviare una vera trattativa, cosa che sembra nelle intenzioni di Zelensky, che da qualche settimana dice di aver pronto un piano di pace) a preoccupare è l’escalation del conflitto Medio-orientale, per il quale, in queste ore, si attende la risposta di Israele all’attacco da parte dell’Iran dell’altra notte (che, peraltro, è stato praticamente annullato dall’Iron Dome, l’efficientissimo sistema di difesa in grado di intercettare i missili lanciati contro il suo territorio).
Tornando alle conseguenze sui mercati, se guardiamo al passato, anche se il paragone può sembrare eccessivo (si sta parlando di conflitti, per quanto gravi, a carattere locale), durante le 2 guerre mondiali del secolo scorso i mercati sono comunque cresciuti. Durante il primo conflitto, durato 3-4 anni, l’indice globale è salito di oltre il 20%. Nel secondo, nei sei anni dal 1939 al 1945, la crescita è stata del 23% (anche se va detto che nella prima fase, sino al 1942, a prevalere è stato il segno meno, mentre nella seconda, mano a mano che la percezione che le forze alleate stavano avendo il sopravvento diventava certezza, è partito il recupero). Ma anche in concomitanza di conflitti più locali (comunque gravi, visto l’intervento si Paesi “estranei” all’area geografica sede dei conflitti, vedi il Vietnam o la Corea) i mercati non si sono fatti prendere dal panico, anzi, hanno “fiutato” le opportunità (la più evidente rimane sempre la ricostruzione: basti pensare a cosa ha significato per molti Paesi europei il Piano Marshall. Allo stesso modo proviamo ad immaginare cosa significherà, per gli alleati, “rimettere in piedi” l’Ucraina, dove molte città sono state rase al suolo, le infrastrutture ridotte ad un cumulo di macerie, gli impianti produttivi resi inservibili, i campi di grano disseminati di mine, etc): investimenti per migliaia di miliardi di $ che prenderanno la strada di società per lo più europee e americane, che senz’altro saranno fondamentali per la rinascita dell’Ucraina, ma che aiuteranno non poco i conti aziendali e, con loro, le quotazioni di borsa.
Questo, probabilmente, è il principale “sostegno” ai mercati, come possiamo osservare in questi giorni. O forse sarebbe più corretto dire che i vari interventi messi in atto nelle ultime settimane in giro per il mondo, a partire dalla Banca Popolare Cinese alla BCE per arrivare alla FED, hanno potuto sortire gli effetti sperati in quanto gli investitori hanno considerato e continuano a considerare le conseguenze dei conflitti non così gravi e determinanti per l’equilibrio geo-mondiale (sotto altri aspetti, i mercati finanziari sono piuttosto cinici: delle sofferenze inflitte alla popolazione, dell’uccisione di migliaia di donne e bambini, dei milioni di profughi costretti a trovare rifugio in altri Paesi – che magari arrivano a respingerli…- non “gliene frega più di tanto”).
Quanto successo ieri e, ancor di più, quanto sta accadendo questa mattina sui mercati asiatici avvalora ulteriormente l’idea che gli investitori, per il momento, non vivono le preoccupazioni belliche.
Ieri sera Wall Street ha chiuso marginalmente positiva, dopo una giornata contraddistinta da una certa volatilità.
Questa mattina a Tokyo il Nikkei “sfreccia” a + 1,93%, dopo che il nuovo Primo Ministro Shigeru Ishiba ha dichiarato (fatto alquanto insolito) che un eventuale nuovo, anche se modesto, rialzo dei tassi sarebbe un rischio per il Paese. Una “moral suasion” piuttosto forte ed evidente alla Banca Centrale affinchè riveda la propria strategia, improntata ad un maggior rigore monetario.
Realizzi a Hong Kong per l’Hang Seng, in calo dell’1,26% (ma era arrivato a perdere, nei primi scambi, il 3%), prima seduta negativa dopo sei rialzi consecutivi (con un rialzo, dalla seconda decade di settembre, i oltre il 23%).
Sugli stessi valori (– 1,22%) il Kospi di Seul.
Ancora chiusa Shanghai.
Futures leggermente deboli, con cali tra lo 0,10 e lo 0,30%.
Continua il buon momento (questo sì legato alle tensioni geo-politiche) del petrolio: WTI ormai stabilmente oltre i $ 70 (71,15, + 1,38%) e Brent oltre i $ 75.
Gas naturale Usa sempre vicino ai $ 3 (2,919, + 0,75%).
Riprende la marcia verso i $ 2.700 l’oro (2.678, + 0,22% nei primi scambi di giornata).
Lo spread si conferma sui valori di ieri (132,9 bp).
BTP a 3,43%, poco sopra i minimi di un paio di giorni fa.
Bund a 2,10%.
Treasury sui valori di ieri (3,80%).
Idem l’€/$, fermo a 1,103.
Bitcoin senza particolare slancio, a $ 61.535.
Ps: raddoppio degli assegni familiari, aumento di pensioni, ritocco verso l’alto del welfare, crediti energetici, maggior credito d’imposta per gli affitti, tagli alle tasse, incentivi per le aziende che investono. Non sono i provvedimenti contenuti nella nostra nuova Legge di bilancio in corso di “costruzione”. Ma la nuova manovra finanziaria che l’Irlanda sta per approvare. E resa possibile dalla colossale multa (€ 14 MD) che la Corte di Giustizia Europea ha ordinato alla Apple di pagare (nulla hanno potuto i vari ricorsi presentati negli anni). Oltre, ovviamente, alle entrate garantite dalle multinazionali che hanno trasferito al loro sede in quel Paese (che infatti, nel 2024, ha avuto un “surplus” del 7,5%).